Ogni secondo giorno di gennaio mi chiedo più che mai perché abbia scelto di nascere. Qui, ora. Nella famiglia e nella storia che è la mia.
Sono certa che uno dei più profondi dolori di questo tempo sia l’assenza completa di considerazione per la magia e per il sacro. In generale per l’invisibile, il sentimento, l’inesplicabile. Pare non ci sia spazio nel mondo per altro che il pensiero e l’emozione. Psicologia e logica aristotelica. Tutto finisce qui in apparenza. Personalità e materia. Non c’è un altro giorno dell’anno in cui me ne renda conto come il 2 gennaio. E come sempre sto in questa nebbia, a chiedermi che ci faccio qui.
Eppure non è distante il mondo dell’anima.
Lo so bene, specialmente il secondo giorno di Gennaio, quando c’è una scia d’amore così forte che mi avvolge e mi racconta tutto. Mi dice di mia madre e mio padre che aspettavano la data del cesareo. Mi dice dei miei zii col fiato sospeso a casa, vicino al telefono. Mi dice che nevicava quando mi concepivano. E prima ancora, mi parla d’amore, di quanto era forte il richiamo a nascere, quanto incontenibile era il suono che mi ha accompagnata nella materia. Lo ascolto. Quanto indietro mi riporta? Allo spazio buio e luminoso delle ruote colorate. E prima, al cuore di tutto. Prima del tempo.
Pian piano, proverò a raccontarlo…